Ciao Fabien,
volevo solo avvertirti che qui è dicembre. Fuori dalla porta e dalle finestre appannate, sotto la coperta di neve che si è sdraiata sull’erbetta delle aiuole dall’altra parte della strada, è dicembre. Se avessimo il coraggio di scoprirlo, ne saremmo certi: è dicembre. E se uscissimo dai cappotti e venissimo fuori dalle case, lo potremmo dire a tutti che è dicembre.
E’ talmente dicembre che anche Cristina sta passando in città per quarantott’ore, arriverà domani e compreremo tisane in Via Porta Nuova e formaggi ai mercatini francesi.
Come ogni anno avremmo voluto fare l’albero, ma nessuno aveva tempo o pazienza, allora abbiamo ripiegato sulle luci intorno ai mobili, le statuette posizionate in angoli strategici e le calze natalizie appese in cucina; ci vorebbe proprio una ghirlanda per completare l’opera, ma non so se a qualcuno verrà in mente. Diventare così adulti è significato avere una vita ciascuno, sempre più impegnata e sempre più difficile da far incastrare con quella degli altri. A conti fatti sembra stiamo tutti correndo verso qualcosa con malumori e gioie a seconda dei momenti, e che questo sia il motivo principale per cui quest’anno non abbiamo un albero nè una ghirlanda.
Ti scrivo perché questo pezzo della mia vita adulta non mi piace e sto cercando di riarrangiarlo in una maniera diversa, sto cercando di spostare gli ingombri e orientare il mio centro verso l’interno e mai troppo lontano da tutto quello che mi orbita intorno ogni giorno – cose speciali del quotidiano, s’intende; nonostante gli sforzi di molti e di molte cose, la vita continua a non riuscire a risultarmi banale.
Ti scrivo perché quest’anno ti aspettavo e per una volta volevo rimettessi tu da sola in ordine il caos dei nostri animi in questo angolo di casa, all’angolo della strada. Ti avviso che è dicembre perché vorrei facessi capolino nelle nostre vite prima della fine dell’anno, che chiama a sè bilanci, liste di buoni propositi, subissi di articoli su come tornare in forma dopo pranzi e cenoni, e vari “ricominciare” pigri e svogliati.
Ti scrivo perché vorrei fosse diverso e perché vorrei mi girassi la luna, dandomi la forza di affrontare con entusiasmo i cambiamenti di questa straordinaria vita nella quale qualche volta non ho la soluzione pronta e il sorriso speciale, nella quale di tanto in tanto dimentico il lievito nell’impasto e mi confondo – e ti confondo.
Questo Natale è quasi fuori, insieme a dicembre. Sta fuori dai vetri appannati, fuori dalla porta, dalle case e fuori dai nostri cappotti. Fuori persino da me che sento talmente forte la tua mancanza che imploro il tuo ritorno e rimango allerta in attesa del tuo passaggio. Mai mi perdonerei di essermi addormentata presto la sera del tuo rientro, prima di vederti comparire dalla porta, di svegliarmi e trovare solo un tuo regalo poggiato sul mobile in cucina. La tua magia si manifesta nella presenza e la tua assenza è solo rimpianto e tentativi di ritorno che si inceppano. Il mio tentativo di tornare a te e poi un implorare, discreto e quotidiano, di ritrovarti in me.
Se potessi adesso girerei più della mia luna e invertirei il Natale, lo cambierei con la faccia migliore di sè: l’inizio e il continuare, il continuamente iniziare. Qualcuno sarebbe felice di sentirmelo dire o di leggerlo nelle mie pagine, riscoprirebbe in questa frase un’affinità o una qualche conferma di compatibilità, ma tu faresti la cosa giusta: mi smonteresti con il tuo sorriso speciale e il tuo lievito dosato bene, una caduta all’indietro e una risata. La vita, la tua, è una questione di perdonarti la goffaggine e di amare le stagioni, anche fuori dall’iniziare.
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Da piccola qualcuno mi ha spiegato che venivo dalla costola dell’uomo. Io, invece, ho pensato sensato diventare una persona curiosa, e sognare di essere almeno una volta al giorno una persona felice. Mi sono laureata in lettere moderne, ho scritto un romanzo psicologico quando non ero ancora nell’età della ragione, infondo una passione infinita in un gran numero di cose (a volte persino nell’amore!). Amo l’arte in ogni sua forma, la letteratura, la musica (che praticamente mi ha salvato la vita), la compagnia delle persone (che sono sempre lo spettacolo più grande), le serate in spiaggia con la chitarra, i fiori bianchi e brindare più volte possibile a qualcosa (senza mischiare i sentimenti al vino, come mi consigliò tempo addietro un caro Hemingway).