Comodino, lo senti questo profumo di salsedine?
Oggi siamo saliti in barca con Zaira Zarotti e, tra una chiacchiera e l’altra, siamo andati alla scoperta della laguna di Venezia.
Fotografa e content creator originaria della Serenissima, Zaira vive un mondo decadente e sacrale, ma allo stesso tempo freaky, come The Freaky Table, il nome del suo progetto.
In compagnia dei suoi gatti – che spesso vestono i panni di modelli – realizza scatti nostalgici dalle tonalità calde dai quali traspaiono sempre le sue radici; mentre assieme a Francesco, il suo fidanzato, produce fini ceramiche raku, pezzi unici che esaltano il legame con la sua terra.
Vieni con noi a sbirciare nel suo comò.
Il mio comò è un vecchio baule in legno che ho recuperato a un mercatino. Dentro ci sono un sacco di scarpe fighissime che negli anni ho raccattato per pochi euro ai marchés aux puces di Parigi; però non le metto mai perché sono sempre tra la melma della laguna veneziana a raccogliere vongole oppure in Maremma a scorrazzare tra pecore e ulivi.
Sopra al comò invece ci sono Brunetta, Biancotty e Orsetta, i miei gatti.
Freaky per me è qualcosa di bizzarro, strano e unico, nell’accezione più positiva del termine.
Freaky è quel piatto scheggiato che viene lasciato in disparte perché diverso, ma che allo stesso tempo, scheggiandosi, è diventato qualcosa di nuovo. Niente è perfetto, niente rimane per sempre: la bellezza, secondo me, è collegata al concetto di impermanenza e agli effetti del tempo.
Mi piace pensare a The Freaky Table come a uno spazio in cui poter far accadere diverse cose, sempre autentiche e a loro modo uniche.
I fink you freaky and I like you a lot canta la band sudafricana Die Antwoord, e io con loro quando mi esalto perché trovo qualche vecchio oggetto di scena, estemporaneo e strano, che mi accende d’ispirazione come una torcia.
Venezia, così come gli altri luoghi in cui ho vissuto, mi ha formato e plasmato, sia come artista che come essere umano. Ho ricevuto un’importante eredità culturale dalla mia città natale; tutto intorno a me ha una storia millenaria che si rivela ovunque guardo.
La nostalgia è ciò che si respira a Venezia. La nostalgia per la gloria del suo passato e la natura malinconica della sua bellezza richiedono di essere catturate dai sensi, piuttosto che dall’intelletto.
Venezia mi ha sicuramente donato la nostalgia e l’opulenza che emana, il gusto retrò per la decadenza, il fascino e il valore del tempo che conferiscono un’aura quasi sacra alle cose.
La cultura veneziana che ho assorbito è indelebile e si manifesta involontariamente e più di quanto vorrei far notare nel mio modo di essere.
Non solo mio padre, anche mia madre è artista e insegnante all’Accademia di Belle Arti di Venezia.
Essendo nata in una famiglia di artisti, l’arte è sempre stata presente ed è sempre stata una parte importante della mia vita. Direi quindi che il mio essere creativa è il risultato di una contaminazione dalla quale non ho potuto sottrarmi.
Sono grata alla mia famiglia per avermi cresciuta facendo in modo che la mia creatività potesse sempre avere libero sfogo. Sono sempre stata agevolata a usare la mia creatività come un mezzo di comunicazione, motivo per cui, forse, ho trovato grazie a essa la mia realizzazione.
Ci sono dozzine di nature morte che mi lasciano senza fiato e in cui mi perdo osservandone ogni dettaglio. Mi commuove molto pensare agli artisti – spesso molto giovani – che li hanno realizzati. Penso a quanto tempo i loro occhi hanno posato su quelle tele e mi pare così di trovare una connessione con loro, attraverso lo sguardo. Non vorrei averne realizzato nessuno però. Penso al tempo che gli artisti vi hanno dedicato per dipingerli, le frustrazioni che magari hanno dovuto sopportare, la solitudine, il doversi confrontare con se stessi e con le proprie capacità.
«L’arte è una bellissima malattia» dice mio padre «ti prende il cuore e la mente, ti fa soffrire a volte, ti costringe a venire a patti con te stesso». Io, a volte, invidio chi non ha queste preoccupazioni, chi non ha bisogno di colmare un vuoto esistenziale o di indagare se stesso mettendosi alla prova di continuo.
Proprio perché collaboro con diverse realtà editoriali realizzando storie di cibo e viaggi, cucino spesso piatti che non mi appartengono – per lo più ricette della tradizione italiana regionale.
La cucina antica veneziana è il mio grande amore, adoro le ricette povere e semplici, quelle dei nonni.
Mi piace variare: non riuscirei a mangiare la cosa più buona del mondo ogni giorno, anche se potrei fare un’eccezione per i risotti, ne vado pazza. Tipo il risotto con le vongole che peschiamo in laguna, oppure con la zucca del nostro giardino.
Ho sempre cercato props e ceramiche particolari per i miei set nei mercatini o nei negozi di antiquariato. Ero sempre a caccia dei pezzi più “vissuti”, quelli da cui trapela una storia, quelli freaky.
La ricerca di questi oggetti di scena è stata la ragione che mi ha spinto verso una produzione personale di ceramiche.
Io e Francesco, nell’affacciarci insieme per la prima volta al mondo della ceramica, ci siamo appassionati fin da subito al raku (una tecnica di cottura della ceramica le cui origini sono legate all’antica arte giapponese della cerimonia del tè), perché è una delle poche tecniche che permette di ottenere variazioni di smalto uniche e inaspettate su ogni pezzo. L’imprevedibilità del risultato è parte della magia di questa tecnica che si svolge, come un evento rituale, all’aperto con la presenza di tutti gli elementi primordiali – terra, acqua, vento e fuoco.
Abbiamo lavorato moltissimo per padroneggiare una tecnica a noi estranea e per trovare un’estetica contemporanea ed essenziale che avesse un sapore antico.
Il nostro design contemporaneo e unico presenta alcuni elementi della tradizione estetica giapponese wabi sabi che si fondono con uno stile elegante e sobrio; i materiali naturali e i colori neutri sono di ispirazione scandinava, ma trovano una corrispondenza con i paesaggi lagunari a cui siamo molto affezionati e ai quali ci ispiriamo.
Io il rosa lo odio. Per favore datemi un paio di occhiali neri!
Neri come la mia anima – lo dico ridendo!
Ciao, sono Federico Brentaro. Sono laureato in Scienze storiche e orientalistiche e frequento un master in Editoria. Mi piace leggere, amo le culture orientali e colleziono fototessere; quando vado al ristorante sono sempre quello che riceve il piatto per ultimo. Sono preciso, a volte un po’ bacchettone, e vivo perennemente nell’ansia.